COMUNITÁ PASTORALE MARIA REGINA DEGLI APOSTOLI

Comunità Pastorale

Maria Regina

degli Apostoli

Barzago

Bevera

Bulciago

La parola del parroco

Comunità di Pace

“Pace a questa casa e a tutti quelli che vi abitano”.

Con don Simone e padre Stephen abbiamo benedetto tutte le famiglie e i luoghi di lavoro delle nostre tre parrocchie e dell’intera comunità pastorale, pronunciano proprio queste parole.

È l’invito di Gesù fatto ai suoi discepoli “Quando entrate in una casa donatele la pace” e così, fedeli a questo comando lo abbiamo ripetuto anche noi.

Entrare nelle vostre case è stato bello, mi sono sentito accolto, atteso e soprattutto ho potuto sperimentare ancora una volta che la fede non è spenta, che il senso di comunità è ancora vivo e in tanti mi avete ripetuto che la benedizione delle famiglie è un rito della nostra tradizione che ci fa capire che il Natale si avvicina e ci fa comunque sentire legati alla comunità.
Passare di casa in casa fa raccogliere confidenze, sorrisi, sguardi, situazioni complicate, malattie, gioie inaspettate. Ogni casa è un po’ un piccolo mondo e passando da una casa all’altra ho sperimentato proprio i sentimenti più opposti.
Sempre più mi accorgo che tutto questo per me diventa motivo di preghiera, occasione di condivisione delle vostre gioie e delle vostre fatiche e soprattutto si trasforma in intercessione.

Sono state tante anche le confessioni celebrate in questi giorni, grazie anche all’aiuto di Padre Antonio, Padre Cesarino, Padre George, Padre Leopoldo, oltre che di don Simone e Padre Stephen.
Nella formula di assoluzione, imponendo le mani sul penitente, ripetiamo queste parole:

Dio, Padre di misericordia, che ha riconciliato a sé il mondo nella morte e risurrezione del suo Figlio, e ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei peccati, ti conceda, mediante il ministero della Chiesa, il perdono e la pace”. 

Pace nelle case, pace nel sacramento della riconciliazione, pace invocata e augurata più volte durante la celebrazione dell’Eucaristia, ma la pace sembra proprio non esserci, non scendere dall’alto, non uscire dai cuori, non venirci dagli eventi mondiali che ci circondano.

Scrive Papa Francesco nel suo Messaggio per la Giornata della Pace del 1 gennaio 2023 “Nessuno può salvarsi da solo”:

Di certo, non è questa l’era post-Covid che speravamo o ci aspettavamo. Infatti, questa guerra, insieme a tutti gli altri conflitti sparsi per il globo, rappresenta una sconfitta per l’umanità intera e non solo per le parti direttamente coinvolte. Mentre per il Covid-19 si è trovato un vaccino, per la guerra ancora non si sono trovate soluzioni adeguate. Certamente il virus della guerra è più difficile da sconfiggere di quelli che colpiscono l’organismo umano, perché esso non proviene dall’esterno, ma dall’interno del cuore umano, corrotto dal peccato (cfr Vangelo di Marco 7,17-23).

Assieme alle manifestazioni fisiche, il Covid-19 ha provocato, anche con effetti a lungo termine, un malessere generale che si è concentrato nel cuore di tante persone e famiglie, con risvolti non trascurabili, alimentati dai lunghi periodi di isolamento e da diverse limitazioni di libertà.

Inoltre, non possiamo dimenticare come la pandemia abbia toccato alcuni nervi scoperti dell’assetto sociale ed economico, facendo emergere contraddizioni e disuguaglianze.
Ha minacciato la sicurezza lavorativa di tanti e aggravato la solitudine sempre più diffusa nelle nostre società, in particolare quella dei più deboli e dei poveri.
Pensiamo, ad esempio, ai milioni di lavoratori informali in molte parti del mondo, rimasti senza impiego e senza alcun supporto durante tutto il periodo di confinamento.

 

Dopo tre anni, è ora di prendere un tempo per interrogarci, imparare, crescere e lasciarci trasformare, come singoli e come comunità; un tempo privilegiato per prepararsi al “giorno del Signore”.
Ho già avuto modo di ripetere più volte che dai momenti di crisi non si esce mai uguali: se ne esce o migliori o peggiori.
Oggi siamo chiamati a chiederci: che cosa abbiamo imparato da questa situazione di pandemia?
Quali nuovi cammini dovremo intraprendere per abbandonare le catene delle nostre vecchie abitudini, per essere meglio preparati, per osare la novità?
Quali segni di vita e di speranza possiamo cogliere per andare avanti e cercare di rendere migliore il nostro mondo?

Nella sua lettera pastorale Kyrie, Alleluia, Amen! Il nostro arcivescovo invita a “Generare il popolo della pace” e scrive:

Il dramma della guerra in Ucraina ha richiamato a tutti l’importanza di questo pregare. Ma che cosa significa pregare per la pace? Quale animo richiede? Quali frutti si possono sperare?
Talora la preghiera per la pace è più una forma di protesta contro la guerra, che pratica della fede. Talora la preghiera per la pace è un’espressione di solidarietà con i popoli tribolati dalla guerra, più che l’invocazione rivolta al Padre di tutti e al Principe della pace.

Lo Spirito di Dio deve ispirare la preghiera per la pace. E chi prega in spirito e verità esprime la fiducia che Dio opera nel cuore delle persone e nei rapporti tra i popoli e ascolta la preghiera dei suoi figli, consola le loro lacrime, rassicura, illumina, chiama tutti con una vocazione santa a essere operatori di pace. Beati gli operatori di pace, i figli di Dio!

Così sempre Mons. Delpini auspica che, grazie alla preghiera, tra i cristiani, nel nostro mondo nascano “Uomini e donne di pace” e continua:
La preghiera non è mai una delega a Dio perché faccia quello che noi non facciamo. È invece ascolto, docilità, fiducioso dialogo: è il tempo in cui il dono dello Spirito ci rende conformi al Figlio e ci fa essere quindi uomini e donne di pace.

Perciò ci rende fiduciosi nella speranza, sapienti nelle parole, rigorosi nei pensieri, coerenti nelle scelte.

Intorno al tema pace e guerra, economia e guerra, aggressione e difesa, produzione di armi, non violenza, si aggrovigliano posizioni diverse, riflessioni complicate, schieramenti contrapposti. La dottrina sociale che il magistero della Chiesa ha elaborato nei secoli si trova ad affrontare domande provocatorie in un contesto inedito. Anche per questo è necessaria la preghiera e non solo la discussione, la preghiera e non solo le citazioni, la preghiera e non solo le emozioni.

La preghiera è il contesto propizio per diventare uomini e donne di pace, miti e umili di cuore, come Gesù, abitati dallo Spirito di sapienza e di fortezza, lo Spirito di Gesù, per invocare il regno di Dio, regno di pace e di giustizia, e preparare le strade al Principe della pace.

Ecco allora alcune considerazioni.

Innanzitutto, la preghiera non è una parola magica, ma porta a fare nostro il desiderio di Dio sul mondo; sappiamo che Dio desidera la pace, l’unità, la fraternità.
Pregare per la pace significa entrare nel cuore di Dio che per primo la desidera. Ma la pace che Dio desidera non è solo l’assenza del conflitto armato che ci terrorizza. La pace che Dio vuole è fondata sul perdono, sulla condivisione, sulla giustizia, sull’accoglienza e la solidarietà fraterna. Quando preghiamo per la pace chiediamo tutto quello che Dio vuole per il mondo e ci rendiamo responsabili perché accada.

 

Inoltre pregare per la pace significa riconoscere il mio bisogno di conversione da tutti gli atteggiamenti violenti, prepotenti ed ingiusti che conservo nel mio cuore; non si può pregare per la pace e conservare il rancore, tollerare comportamenti violenti, sostenere ciò che sappiamo essere ingiusto.
La pace richiede la nostra conversione. La pace chiede un impegno a purificare la nostra mente, il nostro cuore, i nostri occhi le nostre labbra, le nostre mani, il nostro ventre da tutto ciò che dice violenza e opposizione: i nostri pensieri, i nostri affetti, i nostri sguardi, le nostre parole, le nostre azioni e i nostri bisogni devono essere purificati dalla violenza, perché è lì che si annida la guerra. La preghiera per la pace significa purificare noi stessi.

Il Padre, poi, che vuole la pace per gli uomini ha testimoniato il suo impegno mettendo in gioco il Figlio amato.
Molti genitori coinvolti nell’ideologia della guerra sono disposti a sacrificare i loro figli nella guerra se questa ottiene i risultati che sperano. Noi che desideriamo la pace, cosa siamo disponibili a sacrificare per ottenerla?
Pregare per la pace significa essere disponibili a lottare per essa, sacrificare noi stessi e quanto amiamo per essa. La pace ha un prezzo che, chi prega, deve essere disponibile a pagare.

 Infine, il segno del digiuno legato alla preghiera ci aiuta a riconoscere che l’invocazione della pace non è solo un pensiero o una parola, ma deve segnare il nostro corpo; come la guerra con la sua violenza ci priva di molto; per il desiderio di pace ci priviamo di qualcosa che doniamo per amore. La preghiera per la pace apre necessariamente al dono di sé e di quanto possediamo.

Ma se tutto questo non c’è possiamo pregare per la pace?

Certo chiediamo al Signore che ci aiuti a portare la pace in noi stessi, esprimendo al Signore il nostro desiderio di essere “in pace”.

Con una delle orazioni del formulario della Messa della pace allora invochiamo questo dono.

Dio della pace, non ti può comprendere che semina la discordia, non ti può accogliere chi ama la violenza: dona a chi edifica la pace di perseverare nel suo proposito, e a chi la ostacola di essere sanato dall’odio che lo tormenta, perché tutti si ritrovino in te, che sei la vera pace. Per Gesù Cristo, tuo Figlio, nostro Signore e nostro Dio, che vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Maria Consolatrice degli afflitti e regina della pace interceda per noi e doni al mondo la vera pace.

Buon anno, augurandoci di essere una comunità di pace.

Don Giovanni