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"L'anno prossimo a Gerusalemme"

“L’anno prossimo a Gerusalemme”; questo è il saluto che gli ebrei si rivolgevano in tempo di diaspora, sperando prima o poi di poter tornare a Gerusalemme!
Pur essendo già stato per sei volte in Terra Santa, il desiderio è sempre quello di tornarci a breve e soprattutto di poter accompagnare anche altri a vivere l’esperienza della Terra di Israele.
Di ognuna di queste volte nella Terra di Gesù ho un ricordo particolare, un luogo mai visitato, un’esperienza unica rispetto alle altre.
Conservo del recente pellegrinaggio la visita ad Emmaus. Non si conosce precisamente quale fosse il villaggio dove erano diretti i due viandanti in compagnia “casuale” di quello strano pellegrino la sera di quel primo giorno della settimana che poi sarebbe diventata la Pasqua. A raccontarcelo è l’Evangelista Luca, al capitolo 24 del suo Vangelo. La tradizione e l’archeologia portano ad identificare addirittura tre luoghi diversi distanti sette miglia da Gerusalemme, dove sono state edificate chiese e trovati resti antichissimi, chiamati Emmaus.
In uno di questi tre luoghi ci siamo soffermati proprio per l’ultima tappa del nostro pellegrinaggio nel mese di aprile.

Questa Emmaus si trova in una località oggi chiamata Abu Gosh.
Mentre si arriva al paese tutto fa capire che siamo in un villaggio arabo interamente abitato da Islamici. La Moschea con la cupola d’oro e i quattro minareti ne sono la prova. C’è però un cancello che introduce al santuario di Emmaus, custodito dalle monache e dai monaci Benedettini della Risurrezione. Si entra così in un’oasi stupenda; silenzio, pace e cura dei particolari ci avvolgono.
Perché mi piace questo luogo? Perché in effetti è proprio ad Emmaus che noi discepoli di oggi, che non abbiamo visto Gesù, possiamo cogliere per sempre il senso della sua presenza. Finito il tempo del sentirsi chiamati dalla sua voce, finito il tempo delle attraversate sul lago, finito il tempo dei pani moltiplicati, dell’acqua tramutata in vino, dei miracoli, del camminare con lui…sembra non rimanere nulla, eppure da Emmaus tutto riparte.
Lì i discepoli scoprono che Gesù è presente nell’ascolto della Parola che fa ardere il petto, nello spezzare del pane e questa scoperta li fa ritornare di corsa a Gerusalemme, al cenacolo, dove ritrovano la comunità e apprendono l’annuncio che Gesù è risorto ed è apparso a Pietro.

Parola, Pane, Comunità: i tre luoghi per eccellenza dove ancora oggi noi incontriamo Gesù risorto e facciamo esperienza di lui.

Mentre scrivo queste righe la Chiesa sta celebrando il giorno dell’Ascensione di Gesù al cielo. Quaranta giorni dopo la Pasqua Gesù è tolto dalla vista dei suoi apostoli, sarà tolto dalla nostra vista per sempre, su questa terra più nessuno lo vedrà.

L’ascensione è la festa di Lui diversamente presente: Gesù non è andato lontano, ma si trova avanti e nel profondo; non oltre le nubi ma oltre le forme. Se prima era con i discepoli, ora sarà dentro di loro.

A volte potremmo chiederci come sarà la chiesa del domani, potremmo ipotizzare molti cambiamenti a motivo della crisi della fede in Europa, delle diminuzioni della frequenza delle nuove generazioni alla vita della comunità, del calo del numero delle vocazioni, delle discrepanze tra fede e vita, dei problemi morali, tra chi dice “Dio sì e Chiesa no”, e chi riduce la propria adesione alla fede in base alla simpatia o meno del sacerdote oppure tra chi si sofferma sugli scandali ecclesiali per dire che la chiesa è tutta un’invenzione.

Non sappiamo come sarà.
Però per noi, andare avanti e incontrare il Signore Risorto mentre camminiamo sulle strade delle nostre domande, delle nostre delusioni, delle nostre preoccupazioni, dei nostri fallimenti e delle nostre infedeltà, sarà sempre nuovamente il punto di partenza di tutto. Ci auguriamo come comunità, come fedeli, e io come sacerdote, di fare sempre questa esperienza di cammino col Signore; di gioire quando ci accorgiamo della sua presenza e di stupirci ogni volta che nonostante la non consapevolezza, scopriamo poi che lui era lì con noi. Andare in Terra Santa ci fa sperimentare ancora di più che il Signore non possiamo vederlo: la grotta di Betlemme è vuota, il Calvario è senza Crocifisso, il Santo Sepolcro è vuoto, ma è proprio questa assenza che ci fa scoprire quanto è grande la sua presenza…per questo a tutti voi auguro come facevano gli ebrei mentre erano in diaspora e non ci potevano recarsi nella città di Davide: “ci vediamo l’anno prossimo a Gerusalemme”. Gerusalemme non è tanto un luogo geografico, ma è quel posto particolare della nostra esistenza in cui incontriamo Gesù attraverso la Parola che scalda il cuore, nel Pane spezzato che indica il suo amore oppure nella Comunità che si riunisce attorno a lui.

 

                                                                                  Don Giovanni