COMUNITÁ PASTORALE MARIA REGINA DEGLI APOSTOLI

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I buoni propositi

Circa 4 mila anni fa, la civiltà babilonese fu la prima a lasciare tracce di festività legate alla celebrazione del nuovo anno. A scandire il tempo in quei calendari semitici erano le varie fasi delle stagioni e dei lavori agricoli, e ogni nuovo anno cominciava intorno all’equinozio di primavera. Per celebrare il rinnovamento delle stagioni e della vita, si teneva una festa che durava 12 giorni, durante i quali le persone per ingraziarsi gli dei promettevano di ripagare i loro debiti e restituire gli oggetti presi in prestito. Qualcosa di simile avveniva anche presso gli antichi egizi, quando a fronte dei sacrifici fatti all’inizio dell’anno alla divinità Hapy, incarnazione della fecondità legata all’inondazione annuale del Nilo, le persone chiedevano fortuna, raccolti abbondanti e successi militari.

Nonostante avessero spostato l’inizio dell’anno dall’equinozio di primavera a metà dell’inverno, tramite l’introduzione di un calendario riformato nel 46 a.C., anche i romani rafforzarono l’abitudine dei buoni propositi ma in un senso diverso. Le festività del Capodanno includevano il culto di Giano, il dio dell’inizio e della fine (da cui prende il nome il mese di gennaio), e segnavano l’inizio del mandato dei consoli neoeletti: questo spostò progressivamente l’attenzione dai cicli agrari, fondamento dei precedenti calendari, ai cicli legati alle attività civiche e politiche.

Sono giunte così fino a noi tradizioni che si perdono nella notte dei tempi: i falò che nel mese di gennaio vengono accesi in diverse occasioni anche nelle nostre terre lombarde sono segno di quel desiderio di bruciare ciò che è vecchio, le vecchie abitudini, le vecchie usanze, le vecchie sfortune, le vecchie disgrazie, per poi ripartire da capo. I roghi che in alcuni paesi ardono ancora per la festa di sant’Antonio Abate il 17 gennaio, oppure l’usanza di processare e bruciare la Gibiana (o Giubiana o Giobia) l’ultimo giovedì di gennaio o ancora il corteo funebre del “Ginee”, fantoccio rappresentante l’inverno, che poi viene anche lui arso su una catasta di legna, non sono altro che segni del desiderio dell’uomo di sempre di avere occasioni per ripartire e per avere una nuova possibilità.

Così all’inizio dell’anno si fanno tanti propositi per ripartire: una dieta, praticare più sport, tornare alle cose essenziali, riuscire a cambiare stile di vita, ritrovare abitudini perdute, rinnovare relazioni familiari, ritornare ad una vita spirituale più autentica…

ma non sempre si mantengono, a volte prima della metà di gennaio questi propositi non li ricordiamo neppure più, oppure continuiamo a rimandare “ai lunedì” che poi non arrivano mai!Un antico proverbio dice: “la strada per l’Inferno è lastricata di buoni propositi”. Allora…tutti i nostri propositi dove ci porteranno?

Di certo importante è la gradualità. Si parte sempre dalle piccole cose. Non si può passare dal nulla al tutto, bisognerà forse porsi dei piccoli obiettivi, ma rimanervi fedeli, perché è facendo un passo alla volta che si arriva lontano…

Importante è chiedersi che cosa conta veramente e cosa può andare in secondo piano nella nostra vita, che vuol dire in fondo ritrovare la giusta scala di valori che possono dare qualità e senso al nostro vivere.

Forse un giusto equilibrio lo possiamo trovare anche nel mettere ordine nel nostro cuore chiedendoci sia il “perché” di tante nostre scelte o fatiche, ma anche il “per chi” esse si compiono. Solo un giusto rapporto con gli altri e con noi stesso possono aiutarci a fare scelte buone e durature.

Mi piace in conclusione pensare che noi cristiani non siamo e non saremo mai degli “arrivati”. Se siamo discepoli, la nostra condizione è sempre quella del camminare, del partire, del ripartire, del pensare, del domandarci, del convertirci. La meta non è un nuovo anno, la meta non sono i buoni propositi, la meta non sono neppure gli altri e nemmeno noi stessi. Nell’Apocalisse si legge: “In quel giorno udii una voce potente che diceva: Ecco, io vengo presto e ho con me il mio salario per rendere a ciascuno secondo le sue opere. Io sono l’Alfa e l’Omèga, il Primo e l’Ultimo, il Principio e la Fine. Beati coloro che lavano le loro vesti per avere diritto all’albero della vita e, attraverso le porte, entrare nella città”. La meta è il Signore, il principio e la fine di tutto! Con lui vogliamo iniziare, con lui vogliamo proseguire, con lui vogliamo camminare, ascoltando la sua Parola, per entrare nella sua città alla fine di tutto!

Buon anno!

                                                   Don Giovanni