COMUNITÁ PASTORALE MARIA REGINA DEGLI APOSTOLI

Comunità Pastorale

Maria Regina

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La parola del parroco

Credere insieme per essere credibili

Come già anticipato lo scorso mese, mi piace iniziare questo numero di Insieme di luglio parlando di un anniversario significativo per la Chiesa in questo 2025. A qualcuno non sarà infatti sfuggito che quest’anno, oltre a celebrare il Giubileo della  Speranza, ricorre anche il 1700º anniversario del  Concilio di Nicea.

Perché è fondamentale ricordare Nicea ancora oggi? Qual è la sua attualità? Per capirlo bene dobbiamo fare un salto indietro nel quarto secolo. Nel 313 l’imperatore Costantino concordò di dare libertà di culto ai cristiani ponendo fine alle persecuzioni religiose in tutto l’impero.
Più tardi, nel 324, Costantino diventò autorità massima di tutto l’impero, in occidente e in oriente, ma capì che una controversia dottrinale rischiava di scombussolare la pace nel territorio. Decise dunque di convocare un Concilio di tutta la Chiesa per dirimere la questione; lui era, infatti, cosciente che si trattasse di una questione religiosa, ma era anche convinto che l’unità religiosa fosse un fattore importante per la stabilità politica.

A Nicea arrivarono dai 250 a 318 vescovi da tutte le parti dell’Impero. Lo scopo principale era quello di difendere e confermare la fede e la dottrina tramandata dagli apostoli sulla Persona divina e umana di Gesù Cristo, contro un’altra dottrina che serpeggiava tra i cristiani, ossia il pensiero del presbitero Ario di Alessandria d’Egitto e dei suoi sostenitori, che affermavano che Gesù Cristo non era Dio da sempre ma che fosse invece la prima e più sublime creatura di Dio.

È comprensibile che un tale mistero, cioè della persona di Gesù Cristo (vero uomo e al contempo vero Dio), rappresentasse una sfida per l’intelligenza umana. Senza timore era altresì forte la testimonianza degli apostoli e di tanti cristiani capaci di morire  – pur di difendere questa fede.
Perfino tra i vescovi  accorsi al Concilio molti portavano ancora i segni delle torture e delle sofferenze subite per tale ragione.
Così quel Concilio definì la fede su cui si basa il cristianesimo e che tutte le Chiese cristiane professano,

il Dio rivelato da Gesù Cristo è un Dio unico ma  non solitario: Padre, Figlio e Spirito Santo sono un unico Dio in tre Persone distinte che esistono da sempre.

 

Ricordare Nicea oggi è dunque di grande importanza e attualità:
un Concilio che ha messo le basi per la struttura sinodale della Chiesa, di cui oggi ricerchiamo maggiore concretizzazione; un Concilio che ha unificato per tutta la Chiesa il giorno della celebrazione della Pasqua (secoli più tardi – fino ad oggi – con il cambiamento di calendari, la data è poi diventata diversa per le Chiese d’occidente e d’oriente) e che ha fissato i punti cardini della fede cristiana.
In particolare, questo ultimo punto ci interpella
oggi in maniera forte.
Forse la tendenza a non credere  alla divinità di Gesù Cristo non è mai sparita del tutto. Oggi per molti è più facile e comodo parlare di Gesù privilegiando le sue prerogative umane di uomo saggio, esemplare, profeta piuttosto che crederlo Figlio unigenito di Dio, della stessa sostanza del Padre. Dinanzi a queste sfide possiamo pensare che Gesù Cristo rivolga anche a noi, oggi, la stessa domanda che ha rivolto un giorno agli apostoli:

                   “E voi chi dite che io sia?”

Accettare il Credo di Nicea (che con qualche aggiunta successiva, fatta a Costantinopoli, è il testo del Credo che ancora oggi professiamo durante le nostre celebrazioni eucaristiche), e riconfermarlo insieme dunque, è ecumenicamente importante anche perché la riconciliazione dei cristiani significa riconciliazione non solo con e tra le Chiese nel presente, ma anche con la tradizione della Chiesa primitiva e apostolica.

E per la nostra fede, rimanere ancorati alla tradizione antica non è segno di chiusura o immobilismo, bensì certezza di avere radici ben solide, saldate in quel legame che univa Gesù agli apostoli, che continua così fino a noi e ci permette di non smarrirci.

Considerando il mondo di oggi, con tutte le sue ansie, i suoi problemi e le sue aspettative, ci rendiamo ancora più conto di come l’unità dei cristiani non sia solo un’esigenza evangelica, ma anche un’urgenza storica. All’interno della stessa chiesa Cattolica, all’interno delle parrocchie, delle comunità pastorali, dei vari gruppi, questa ricerca dell’unità pur nella diversità di vedute, deve diventare un obiettivo fondamentale. Ne va della nostra credibilità.

Dei primi cristiani il mondo pagano si stupiva ed esclamava: “Guarda come si vogliono bene”.
Se vogliamo confessare insieme che Gesù è Dio, allora le Sue Parole – soprattutto quello che Lui ha definito il suo comandamento nuovo, criterio messo da Lui perché il mondo ci riconosca come Suoi discepoli, “Amatevi come io ho amato voi” – acquisteranno un grande valore per noi.

Vivere questo comandamento “sarà l’unico modo o sicuramente il più efficace per parlare di Dio oggi a chi non crede, per rendere traducibile la Risurrezione di Cristo in categorie comprensibili per l’uomo di oggi”.

                                                                            Don Giovanni